L'amministratore, in veste di rappresentante del condominio, può tutelare in giudizio solo il godimento e l'utilizzo dei diritti condominiali, mentre dovranno essere i singoli condomini intestatari a far valere in giudizio la lesione di eventuali diritti esclusivi.
Pertanto, le domande di inibitoria delle attività che comportano rumori e odori ritenuti intollerabili, volte a tutelare diritti esclusivi, vanno avanzate dai singoli condomini lesi o minacciati, salvi sia stato conferito specifico mandato all'amministratore dai singoli condomini o vi sia stata un'unanime delibera gli abbia conferito il mandato di tutelare i diritti esclusivi di tutti i condomini.
In generale, l'amministratore resta legittimato ad agire in giudizio qualora le immissioni affliggano anche le parti comuni dell'edificio, trattandosi di beni condominiali.
Questo il principio di cui ha fatto applicazione il Tribunale di Trani nella sentenza n. 1012 del 29 giugno 2020 pronunciandosi sull'istanza di un condominio contro il gestore di una pizzeria e i proprietari del locale, sito nello stabile, ove veniva svolta tale attività e avente ad oggetto le intollerabili immissioni di olezzi e rumori nonché schiamazzi, anche notturni.
Nel diritto civile, quando si parla di immissioni si fa riferimento a quelle propagazioni di fumo, calore, esalazioni, rumori, scuotimento simili a propagazioni che giungono dal fondo del vicino. Una materia che nei rapporti di vicinato è particolarmente sentita visto il potenziale disturbo e fastidio che le immissioni sono idonee a provocare.
L'art. 844 del codice civile ritiene generalmente lecite le propagazioni e afferma che il proprietario di un fondo non potrà impedirle. Al contempo, la norma pone un limite: ovvero il superamento della normale tollerabilità, avuto riguardo alla condizione dei luoghi.
In pratica, qualora le immissioni superino la normale tollerabilità, il vicino potrà attivarsi in sede civile per ordinarne la cessazione.
Tuttavia il concetto di "normale tollerabilità" non è chiarito dal codice e l'applicazione della norma è tendenzialmente rimessa all'autorità giudiziaria che, tra l'altro, è chiamata a contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà e potrà tener conto della priorità di un determinato uso.
Sarà il giudice, dunque, a valutare la tollerabilità delle immissioni operando un bilanciamento le contrastanti esigenze dei proprietari. Sul punto, la giurisprudenza è giunta in più occasioni a fornire chiarimenti in ordine al superamento dei limiti della normale tollerabilità.
Va da sé che anche in Condominio le problematiche relative alle immissioni siano particolarmente avvertite: la normativa generale prevista dal codice si accompagna sovente a precise previsioni contenute nel regolamento condominiali. Ma in tal caso, chi è legittimato ad agire innanzi al giudice? Il singolo condomino oppure l'amministratore?
L'art. 1131 c.c. afferma che, nei limiti delle attribuzioni stabilite dall'articolo 1130 o dei maggiori poteri conferitigli dal regolamento di condominio o dall'assemblea, l'amministratore ha la rappresentanza dei partecipanti e può agire in giudizio sia contro i condomini sia contro i terzi.
L'amministratore, dunque, potrà adire il giudice per tutelare quanto di sua competenza, ovvero per la proteggere il condominio e le parti comuni, mentre di norma non gli è concesso agire in giudizio a tutela delle prerogative dei singoli condomini.
In presenza di immissioni intollerabili, dunque, nulla gli vieterebbe di adoperarsi in sede giudiziaria qualora i disagi si riverberino nelle parti comuni dell'edificio condominiale o qualora sia, ad esempio, violata un'apposita clausola del regolamento condominiale relativa alle immissioni (rientrando tra i suoi compiti quello di curare l'osservanza del regolamento di condominio).
Invece, qualora le immissioni intollerabili siano subite dai locali di proprietà esclusiva dei singoli, saranno questi a essere legittimati alla proposizione di azioni contro le molestie subite. Da ciò deriva che, qualora le immissioni non coinvolgano le parti comuni, saranno sempre i singoli a poter demandare un risarcimento per i danni subiti.
Questa ricostruzione, avallata da diverse pronunce giurisprudenziali, è stata recentemente ribadita anche dal Tribunale di Trani nella richiamata pronuncia n. 1012/2020.
Nel caso esaminato è stato il Condominio ad aver adito il giudice chiedendo di accertare e dichiarare l'illiceità e l'intollerabilità delle immissioni di olezzi, schiamazzi e rumori provenienti dalla pizzeria, e per l'effetto, condannare il convenuto alla loro immediata cessazione, ex artt. 844 e 949 c.c., nonché il conduttore e i proprietari del locale in questione, in solido tra loro, al risarcimento ex art. 2043 c.c. di tutti i danni conseguenti alle illecite immissioni da liquidarsi in via equitativa a favore del condominio
Le domande vengono tuttavia dichiarate inammissibili dal giudice per carenza di legitimatio ad causam, che integra un presupposto dell'azione.
Come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, richiamata in sentenza, " la legitimatio ad causam si ricollega al principio dettato dall'art. 81 c.p.c., secondo il quale nessuno può far valere nel processo un diritto altrui in nome proprio fuori dei casi espressamente previsti dalla legge".
Ancora, trattandosi di materia attinente al contradditorio e volendosi prevenire una sentenza "inutiliter data", ciò "comporta la verifica, anche d'ufficio, in ogni stato e grado del processo (col solo limite della formazione del giudicato interno), in via preliminare al merito, della coincidenza dell'attore e del convenuto con i soggetti che, secondo la legge che regola il rapporto dedotto in giudizio, sono destinatari degli effetti della pronuncia richiesta" (cfr., ex multis, Cass. ord. 31574/2018).
Nella specie, il giudice rileva come il Condominio abbia fatto valere in giudizio diritti che sono intestati solo ed esclusivamente ai singoli condomini. Essendo l'ente di gestione titolare di beni e servizi comuni, l'amministratore, in veste di rappresentante del condominio, è ammesso a tutelare in giudizio solo il godimento e l'utilizzo dei diritti condominiali.
I diritti esclusivi, intestati ai singoli condomini, Solo i singoli condomini, invece, potranno far valere in giudizio i diritti esclusivi loro intestati, ove oggetto di lesione.
In realtà, il giudice individua uno spazio residuale in cui l'azione dell'amministratore è ammessa: questi potrà "agire in giudizio per tutelare i diritti esclusivi dei singoli condomini solo nel caso in cui gli sia stato conferito specifico mandato dai singoli condomini, o vi sia stata una delibera unanime che gli abbia conferito il mandato di tutelare i diritti esclusivi di tutti i condomini (v. per es. Cass. 12395/2006; 22656/2010).
In conclusione, poiché i pregiudizi provocati dalle immissioni odorose e rumorose della pizzeria, idonei a turbare la serenità della vita domestica e il godimento delle abitazioni, attengono a diritti esclusivi e non a diritti condominiali, le domande di inibitoria dell'attività e di risarcimento dei danni, volte a tutelare tali diritti esclusivi, sarebbero dovute essere avanzate dai singoli condomini che si fossero sentiti lesi o minacciati, non dunque dall'amministratore.
Nel caso in esame, inoltre, manca la prova che l'amministratore sia stato investito da specifico mandato da parte di singoli condomini al fine di tutelare i diritti esclusivi e personali di questi, e neppure emerge una delibera, adottata all'unanimità, che abbia conferito tale mandato per conto di tutti i condomini.
Diverso il discorso, invece, per quanto riguarda la domanda del Condominio con cui è stata richiesta la cessazione delle attività da cui scaturiscono immissioni di odori e rumori che affliggono anche le parti comuni dell'edificio deve essere dichiarata la cessazione della materia del contendere.
Infatti, nella vicenda esaminata, il Condominio ha anche allegato come le immissioni ritenute intollerabili avessero interessato anche l'androne e le scale condominiali.
Si tratta di un'istanza in relazione alla quale il Tribunale conferma la "legitimatio ad causam" dell'amministratore, essendo la stessa volta alla tutela di beni condominiali. Pertanto, a tutela del godimento dei menzionati beni comuni, soggetto legittimato sarebbe stato anche l'amministratore del condominio.
Tuttavia, nella vicenda esaminata, stante la definitiva cessazione (concordemente confermata da entrambe le parti) dell'attività dalla quale provenivano l'immissione, il condominio non ha più alcun interesse ad un pronuncia giudiziale in merito, avendo lo stesso già ottenuto il risultato cui aspirava con la presentazione della domanda di inibitoria.