L’ascensore è espressamente elencato tra le parti comuni dell’edificio sensi dell’art. 1117 c.c., in quanto necessario all’uso comune e indispensabile per accedere al tetto e al terrazzo di copertura.
Tuttavia, si ritiene che l’ascensore vada considerato parte comune se installato originariamente nell’edificio. Qualora l’installazione sia successiva, invece, la proprietà dell’ascensore ricadrà sul condomino o sui condomini che hanno sostenuto le spese per l’impianto “purché sia fatto salvo il diritto degli altri di partecipare in qualunque tempo ai vantaggi della innovazione, contribuendo nelle spese di esecuzione dell’impianto ed in quelle di manutenzione dell’opera”.
Pertanto, si tratta di un bene di cui si presume la proprietà comune in assenza di una diversa previsione contrattuale idonea a superare tale presunzione, quale può essere una clausola del regolamento condominiale integralmente esonerativa di alcuni partecipanti dall’onere di contribuire alle relative spese.
Sempre il codice civile, inoltre, precisa che qualora un edificio abbia più opere o impianti destinati a servire una parte dell’intero fabbricato, quindi ad esempio più ascensore per le diverse parti dell’edificio, le spese relative alla loro manutenzione saranno a carico non di tutti, bensì del gruppo di condomini che ne trae utilità.
La legge (D.M. 236/89) prevede che l’installazione di un ascensore sia obbligatoria per gli edifici di nuova costruzione con oltre tre piani. La giurisprudenza ritiene che l’installazione di un nuovo ascensore rientri nel novero delle “innovazioni”, ovvero quei mutamenti diretti al miglioramento o all’uso più comodo della cosa comune rispetto a quella precedente all’esecuzione delle opere di che trattasi.
L’innovazione si realizza non in presenza di un qualsiasi mutamento o modificazione della cosa comune, ma, solamente, di quelle modificazioni materiali che ne alterino l’entità sostanziale o ne mutino la destinazione originaria.
Pertanto, la spesa deliberata secondo la maggioranza indicata dall’art. 1136 (richiamato dall’art. 1120 c.c.) per l’installazione dell’impianto dovrà essere suddivisa in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, dunque in base ai millesimi generali di proprietà previsti dall’art. 1123 del codice civile salvo diversa convenzione.
Qualora l’ascensore sia costruito successivamente, rappresentando un’innovazione vera e propria che ha titolo nell’apposita deliberazione assembleare di approvazione dell’opera e di ripartizione delle relative spese, questo rientrerà nella proprietà comune dei partecipanti, qualora tutti vi abbiano acconsentito, in proporzione al valore della superficie di proprietà esclusiva.
Tuttavia, ben è possibile che alcuni chiedano, in tale sede, l’esonero dalle spese, ad esempio i proprietari al piano terra che ritengano di non doverne fare utilizzo. In tal caso, la proprietà dell’ascensore sarà solo in favore di coloro che abbiano voluto l’impianto e sopportato integralmente il suo costo.
Chi ha rinunciato a contribuire alle spese per costruirlo e all’uso dell’ascensore, tuttavia, potrà chiedere di usufruire dell’innovazione in seguito e dunque rientrare nella proprietà in qualsiasi tempo per partecipare ai vantaggi dell’innovazione. In tal caso egli dovrà contribuire alle spese di esecuzione e di manutenzione dell’opera versando la quota agli altri condomini.
L’art. 1124 c.c., introdotto a seguito della riforma del 2012, afferma espressamente che gli ascensori debbano essere mantenuti e sostituiti dai proprietari delle unità immobiliari a cui servono.
La norma introduce un peculiare criterio di ripartizione della spesa relativa: questa andrà suddivisa per metà in ragione del valore delle singole unità immobiliari e per l’altra metà esclusivamente in misura proporzionale all’altezza di ciascun piano dal suolo.
Viene precisato che, al fine del concorso nella metà della spesa ripartita in ragione del valore, si considerano come piani anche “le cantine, i palchi morti, le soffitte o camere a tetto e i lastrici solari, qualora non siano di proprietà comune”.
La norma, inoltre non fa riferimento alla tipologia di spese (ordinarie o straordinarie), pertanto si ritiene che i criteri di ripartizione siano da intendersi per entrambe le tipologie. Queste rilevano, invece, per quanto riguarda le competenze dell’assemblea rispetto ai poteri propri dell’amministratore.
Come tutti i criteri legali di ripartizione delle spese condominiali, anche quello di ripartizione delle spese di manutenzione e sostituzione degli ascensori può essere convenzionalmente derogato, ai sensi dell’art. 1123 del codice civile.
Tuttavia, per decidere circa l’esenzione, totale o parziale, dell’obbligo di partecipare a tali spese, sarà necessaria l’unanimità dei condomini.
Come precisato anche dalla Corte di Cassazione (sent. 14697/2015) la convenzione modificatrice della disciplina legale di ripartizione dovrà essere contenuta o nel regolamento condominiale (che perciò si definisce “di natura contrattuale”), oppure in una deliberazione dell’assemblea che venga approvata all’unanimità, dunque con il consenso di tutti i condomini.
(Fonte: casa.it)